ALCUNE RIFLESSIONI A MARGINE DEI FATTI / REATI DI BIBBIANO…
La preoccupazione sui minori coinvolti.
Vogliamo condividere con voi il profondo dolore, ma anche la nostra fondata preoccupazione e arrabbiatura, su quanto è successo in riferimento ai fatti di Bibbiano.
Le presunte collusioni fra gli Operatori dei Servizi pubblici (Assistenti sociali, Psicologi, etc.), le presunte falsificazioni di relazioni e testimonianze dei minorenni coinvolti anche da parte di consulenti (Claudio Foti e i suoi collaboratori) e la scarsa attenzione, se non l’assenza, delle Autorità giudiziarie minorili -così come documentate nell’Ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia – avrebbero portato all’allontanamento di alcuni minorenni e all’affidamento degli stessi ad affidatari impreparati e improvvisati, se non – in alcuni casi – inadeguati a svolgere il loro ruolo nei confronti di minori, già così duramente provati.
Pur sospendendo il giudizio sulle responsabilità penali, che dovranno essere accertate dalla magistratura inquirente,l’Anfaa si riserva comunque di assumere tutte le iniziative, anche sul piano giudiziario, a tutela dei minori coinvolti.
Tuttavia, ciò che in questo momento ci preoccupa maggiormente è il futuro dei bambini e ragazzi coinvolti nella vicenda, nonché il futuro dell’intero sistema di tutela dei minorenni, sia per quanto riguarda l’affido sia per quanto riguada l’adozione.
Laddove tali condotte fossero accertate, infatti, vorrebbe dire che è venuta meno quell’attività di verifica puntuale e rigorosa in merito alle reali condizioni di vita dei minori da parte delle Istituzioni che avrebbero dovuto tutelarli.
Prese di posizione anche fuorvianti e spesso sconsiderate.
Sui fatti di Bibbiano si sono espressi – e continuano ad esprimersi(!) – giornalisti e professionisti competenti, ma anche altri incompetenti : intellettuali saccenti e disinformati hanno rilasciato dichiarazioni e interviste, esprimendo opinioni e creando, ad arte, confusione anche sui termini utilizzati ( ad es. confondendo gli affidamenti con le case famiglia/comunità …). Si è, quindi, aggiunta la richiesta di costituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare ( sarebbe la terza in pochi anni e le precedenti non hanno portato nessun risultato tangibile…) e i Ministri Salvini e Di Maio non hanno perso l’occasione per rilasciare dichiarazioni inaccettabili, da cui prendiamo le distanze.
Il Ministro Bonafede ha poi prontamente istituito una “Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori”, composta da funzionari ministeriali, presidenti nazionali o rappresentanti degli Ordini professionali (Assistenti sociali, Psicologi, Consiglio nazionale forense), presidenti nazionali o rappresentanti delle Associazioni nazionali dei Magistrati e il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Lazio; nessun coinvolgimento, invece, delle Regioni e degli Enti locali, cui istituzionalmente competono la programmazione legislativa ( e relativi finanziamenti) e la gestione operativa degli interventi volti a supportare le famiglie in difficoltà, per prevenire l’allontanamento dei minorenni, nonché la promozione, la gestione e il sostegno dei progetti di affido. Nessun coinvolgimento, anche solo a titolo consultivo, delle Associazioni e Reti di affidatari è previsto nella suddetta Squadra.
Generalizzazioni inaccettabili sulla pelle dei bambini.
Prima di prendere posizione, abbiamo voluto documentarci e darci il tempo necessario per riflettere. Ora però vogliamo denunciare la gravissima generalizzazione del fenomeno che si sta facendo sul piano mediatico e politico, che sta travolgendo tutto e tutti e avrà gravi e negative conseguenze, a breve e lungo termine, sui minori stessi, sugli affidatari, nonché sulle famiglie di origine in difficoltà e sul supporto che devono ricevere dai Servizi preposti.
Da questo spropositato stravolgimento del dibattito e da molte esternazioni da parte di politici, emerge il pericolo di un aprioristico ritorno alla difesa dei legami di sangue.Siamo stati sempre in prima linea (e lo siamo tutt’ora) ad affermare il diritto del minore a crescere nella sua famiglia di origine, famiglia che, se in difficoltà, deve essere aiutata dalle Istituzioni.
Nel contempo affermiamo con forza che il bambino non è proprietà di nessuno – neanche dei suoi genitori biologici – e che il suo diritto a una crescita in una famiglia affettivamente e educativamente adeguata debba essere sempre tutelato.
Per questo siamo stati in prima linea a chiedere una legislazione che tutelasse questo diritto e promuovesse l’affidamento familiare, come risorsa che affianca la famiglia di origine nella crescita del minorenne, quando questa famiglia – pur con i necessari aiuti – non è in grado di provvedere da sola alle sue esigenze . Lo stesso impegno l’abbiamo sostenuto nella elaborazione e nella corretta applicazione della legislazione riguardante l’adozione come diritto del minore in stato di adottabilità ad avere una famiglia.
Esperienze delle famiglie affidatarie e adottive e responsabilità istituzionali.
In base alle esperienze delle famiglie dell’Anfaa, ma anche di altre Associazioni, vogliamo urlare a gran voce che purtroppo i maltrattamenti e gli abusi, anche sessuali, esistono e provocano sofferenze e ferite difficilmente arginabili : riuscire a lenire le loro sofferenze e a far ritrovare la fiducia in se stessi è un percorso lungo e impegnativo, per questi minori e per le famiglie che li hanno accolti e li accolgono… e le nostre famiglie affidatarie e adottive ben lo sanno!! Ridare a questi bambini e ragazzi fiducia in loro stessi e negli altri, accompagnarli nel percorso della vita, supportare i loro momenti ”bui”, le loro regressioni, le loro esplosioni di rabbia contro se stessi e contro tutti… non è facile.
Purtroppo, questo percorso non sempre è accompagnato da un adeguato e competente sostegno dei Servizi socio-sanitari e della stessa Magistratura minorile. Non tutte le Istituzioni preposte assolvono alle loro competenze, più volte siamo intervenuti per segnalare ritardi e carenze del sistema .
Non si tratta di cambiare la normativa vigente, ma di applicare, tempestivamente e bene, quella che abbiamo!
Va però tenuto presente che – come ampiamente documentato nei Rapporti sull’attuazione in Italia della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo degli ultimi anni ( www.gruppocrc.net) – i tagli alla spesa sociale e alla sanità sono stati consistenti : non si può intervenire e operare bene senza adeguati finanziamenti e una corretta allocazione delle risorse. Consapevolmente, in base anche alle nostre conoscenze ed esperienze, possiamo affermare che l’allontanamento di queste/i bambine/i avviene sovente dopo anni di “distrazione” da parte di operatori sociali, medici, insegnanti etc., che hanno tardato a segnalare ai giudici minorili situazioni di abuso e maltrattamento.
Ma se i minori, per essere tutelati, non vengono segnalati da quanti sono in diretto contatto con loro, chi altri può farlo?
I Giudici minorili, a loro volta, non sempre hanno agito o agiscono tempestivamente: passano a volte mesi e anni prima che venga preso un provvedimento e non sempre questo provvedimento è quello più appropriato. La mancata precoce individuazione… il ritardo nella segnalazione…la scarsa tempestività dei provvedimenti da intraprendere… vengono, giustamente, definiti “abusi istituzionali”, che vanno , purtroppo, ad aggiungersi a quelli già subiti dai minori in famiglia.
La reticenza a segnalare e il giusto processo.
La reticenza viene giustificata con il timore delle reazioni dei genitori e parenti: è entrato nell’immaginario collettivo, ormai, che gli operatori e i giudici sottraggono o rubano i bambini… Ma questo non risponde al vero! Sappiamo bene che, con l’entrata in vigore del cosiddetto giusto processo, i genitori e/o i parenti che hanno avuto rapporti significativi col minore e il minore stesso sono assistiti da un avvocato, fin dall’inizio dei procedimenti, sia quelli riguardanti la limitazione o decadenza della responsabilità genitoriale, sia quelli per l’eventuale dichiarazione dello stato di adottabilità.
Il ruolo degli affidatari e i rimborsi spese.
Gli affidatari, in base alle leggi vigenti, dovrebbero essere preparati, valutati e supportati per tutta la durata dell’affidamento dai Servizi, il cui operato dovrebbe essere monitorato dai Giudici minorili competenti, anche con l’ascolto degli affidatari e, quando possibile, in base all’ età e alla situazione, dei minori accolti. Oltre il 70% dei circa 7500 affidamenti etero – familiari in corso sono disposti a seguito di un provvedimento del Tribunale per i minorenni, cui competono funzioni di monitoraggio, non sempre adeguatamente esercitatate[1].
In questo senso preoccupa la posizione del Tribunale per i minorenni di Bologna che nella vicenda relativa a Bibbiano non avrebbe assolto al meglio al suo ruolo.
Gli affidatari, l’abbiamo sottolineato più volte, sono dei volontari che hanno un ruolo importante nel progetto di affidamento. Non vanno considerati come semplici utenti dei Servizi: essi devono essere riconosciuti come interlocutori dagli operatori dei servizi socio-assistenziali e sanitari, dai giudici minorili e, anche attraverso i gruppi e le Associazioni cui aderiscono, dai responsabili delle Istituzioni politico-amministrative del nostro Paese ( dal Parlamento al Governo, alle Regioni e.agli Enti locali).
In questa campagna tesa a denigrare il ruolo degli affidatari, si è molto parlato dei compensi ad essi erogati: sono semplicemente, in realtà, dei rimborsi per le spese che essi sostengono per il mantenimento dei minori e che consentono anche a famiglie idonee e non abbienti questa scelta di accoglienza, rappresentando un aspetto del riconoscimento sociale del loro impegno. Oltretutto in molte Regioni le famiglie non ricevono questi rimborsi e di fatto l’accoglienza è a costo zero per gli Amministratori (salvo poi riuscire, invece, a trovare i soldi per altri settori …).
Per concludere.
E’ triste constatare che la stampa e i media non abbiano fatto “vera” informazione: accanto ai fatti oggetto di indagine penale, cui hanno dato molta evidenza e clamore, non è stata fornita, parallelamente, una corretta informazione sulla realtà dell’affidamento familiare, cioè quella quotidianità vissuta dai protagonisti , i minori, che nella stragrande maggioranza dei casi vengono allontanati dalla famiglia d’origine per la sua incapacità a svolgere la funzione genitoriale.
A differenza di quanto accaduto a Bibbiano, nelle nostre esperienze assistiamo spesso ad un “favor” da parte dei giudici e degli operatori socio- sanitari verso la famiglia di origine e ad una “diffidenza” nei confronti degli affidatari – compreso quando si tratta di affidamenti di lunga durata! – che porta a privilegiare il rapporto del minore con i genitori biologici, nonostante le frequenti valutazioni psicologiche e sociali negative su di essi.
E’ superfluo ribadire come tutto questo possa nuocere alla crescita sana e al positivo sviluppo affettivo-relazionale di questi bambini e ragazzi..
Torino, 31 luglio 2019
[1] Riportiamo al riguardo in allegato, quanto previsto dall’art. 4 della l. n.184/1983 e s.m.
“ART. 4.
L’affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la responsabilità genitoriale, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.
Ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del Codice civile.
Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché’ la vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché’ la vigilanza durante l’affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull’andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.
Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell’affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore.
L’affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d’origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore. 5-bis. Qualora, durante un prolungato periodo di affidamento, il minore sia dichiarato adottabile ai sensi delle disposizioni del capo II del titolo II e qualora, sussistendo i requisiti previsti dall’articolo 6, la famiglia affidataria chieda di poterlo adottare, il tribunale per i minorenni, nel decidere sull’adozione, tiene conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria. 5-ter. Qualora, a seguito di un periodo di affidamento, il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento ad altra famiglia o sia adottato da altra famiglia, è comunque tutelata, se rispondente all’interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l’affidamento. 5-quater. Il giudice, ai fini delle decisioni di cui ai commi 5-bis e 5-ter, tiene conto anche delle valutazioni documentate dei servizi sociali, ascoltato il minore che ha compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore se capace di discernimento.
5-quinquies. Nel caso di minore rimasto privo di un ambiente familiare idoneo a causa della morte del genitore, cagionata volontariamente dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dall’altra parte dell’unione civile, anche se l’unione civile è cessata, dal convivente o da persona legata al genitore stesso, anche in passato, da relazione affettiva, il tribunale competente, eseguiti i necessari accertamenti, provvede privilegiando la continuità delle relazioni affettive consolidatesi tra il minore stesso e i parenti fino al terzo grado. Nel caso in cui vi siano fratelli o sorelle, il tribunale provvede assicurando, per quanto possibile, la continuità affettiva tra gli stessi. 5-sexies. Su segnalazione del tribunale competente, i servizi sociali assicurano ai minori di cui al comma 5-quinquies un adeguato sostegno psicologico e l’accesso alle misure di sostegno volte a garantire il diritto allo studio e l’inserimento nell’attività lavorativa.
Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l’adozione di ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore.
Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una comunità di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o privato”.